giovedì 2 febbraio 2017

Autori emergenti: diffidenza spesso immotivata

Hai scritto un libro? Segnalacelo pure, seguendo le indicazioni che trovi nella sezione dedicata ai contatti.

C'è una tendenza sempre più marcata nel puntare il dito contro chiunque prenda un'iniziativa in campo artistico o culturale, o peggio che mai, decida di SCRIVERE UN LIBRO.
 
Questa è la frase più comune che sento dire in questi casi:
 
«Oh, no! Anche tu hai scritto un libro?»
 
Questo è, invece, quello che penso io:
 
«Che bello, hai scritto un libro?»
 
Da cosa nasce questo scetticismo di fondo?
 
Probabilmente dal fatto che la maggior parte dei libri degli autori esordienti, oggi, sono auto-prodotti.
 
«Chi è il tuo editore?» è la domanda di rito, che ti viene rivolta da chiunque sappia che tu hai scritto un libro.
 
«Nessuno. Mi sono autoprodotto.»
 
«Ah!» è l'esclamazione finale, per la serie: «E te ne vanti pure?»
 
In conclusione:
 
«Se un editore non ha espresso un giudizio a riguardo, perché mai io, comune mortale in attesa che altri mi dicano cosa scegliere e cosa pensare, dovrei affannarmi a leggere un libro autoprodotto ed esprimere un parere con la mia sola testa? Parto dunque dal presupposto che il tuo scritto faccia schifo, in quanto autoprodotto.»
 
Amici cari, io ci scriverei un intero trattato, su questo argomento. Preferisco, tuttavia, soffermarmi sui punti principali che sarebbe opportuno far presente alla maggior parte dei lettori e degli scrittori.
 
Cominciamo dal luogo comune per eccellenza: oggi tutti suonano, tutti cantano, tutti scrivono. L'Italia, come qualunque altro paese sviluppato, è pieno di talenti. Ed è inutile nascondere che siamo immersi fino al collo in un mare fatto di musica, di canzoni, di testi letterari.
 
Quando tu, oggi, nel 2017, autore del libro più bello del mondo, proponi il tuo lavoro a una casa editrice, quella casa editrice sta leggendo mille altri testi scritti da altrettanti autori bravi come te. Ma la casa editrice, oggi, nel 2017, non ha i mezzi per fare di te la nuova star della letteratura italiana.

 Anche perché investire su un giovane autore costa tantissimo; e sappiamo tutti che la quantità di persone che legge è davvero limitata (sì, pure un'inguaribile ottimista come me è costretta a confermare un luogo comune che fa molto male: in Italia, ci sono più autori che lettori. Purtroppo è un dato di fatto!), per cui la casa editrice non potrebbe rientrare mai e poi mai dei soldi che ha investito per far emergere quel testo o quello scrittore. Per non sbagliare, pertanto, la casa editrice non ci prova neanche (NDA - Escludo dalla categoria le case editrici che richiedono una partecipazione negli investimenti: in quel caso, di fronte allo scrittore che paga, non si pone neanche il problema di buono o cattivo lavoro. Lo scrittore che paga ha sempre scritto un super libro, altrimenti come sarebbe possibile convincerlo della necessità di investire denaro? Questa è una mia opinione personale, ovviamente: non ho mai pagato, né mai pagherò una casa editrice per farmi pubblicare un libro. Voi fate come volete, anche se di fronte alle tante opportunità di pubblicazioni gratuite che ci offre il web, pagare una casa editrice non mi sembra proprio la mossa più furba).
 
Questo è il motivo principale per cui l'autore di un testo, alla fine, sceglie di auto-prodursi.
 
Ci sono anche altre motivazioni: un autore che crede fermamente nel proprio testo, vorrebbe poter conservare la proprietà del testo che ha scritto e farne quello che vuole; vorrebbe poter conservare l'autenticità di quello che ha scritto, senza conformarlo a quello che il mercato chiede per renderlo più vendibile. Vorrebbe, in sintesi, poter essere pienamente padrone di sé. Solo chi scrive credendo fermamente in quello che scrive può capire questo importantissimo concetto; chi scrive col fine principale di "vendere" e acquisire "popolarità", al contrario, cederebbe volentieri a tutti i compromessi di questo mondo pur di raggiungere le proprie ambizioni.
 
Sia chiaro: con questa precisazione non sto esprimendo un giudizio negativo verso chi appartiene alla seconda categoria appena descritta: sto solo precisando la diversa maniera di porsi di fronte al proprio obiettivo; poi ognuno sceglierà autonomamente da che parte stare, senza sentirsi additato o giudicato qualunque sia la scelta che deciderà di portare avanti.
 
E ora veniamo al lettore che, in quanto tale, crede di appartenere a una cerchia ristretta di intellettualoidi di cui difendere diritti ed esclusiva. Quelli per cui esiste un solo modo per scrivere e un solo modo per leggere; quelli per cui qualunque innovazione o tentativo di semplificazione, allo scopo di diffondere il verbo "leggere" anche a chi ha una cultura meno elevata, corrisponde a un oltraggio e a un'offesa alla loro intelligenza. Mi chiedo solo una cosa: perché questa chiusura mentale proprio da parte di coloro che vantano una profonda cultura e che, in virtù della stessa cultura, dovrebbero essere aperti a nuove forme di scrittura, a nuove categorie di lettori, anche occasionali?
 
Sono molto, molto restìa a seguire le indicazioni di lettura della cerchia dei lettori per definizione, i cosiddetti lettori e pensatori snob, quelli per cui le case editrici sfornano titoli che mai e poi mai un lettore occasionale o un individuo di media cultura che vorrebbe avvicinarsi al mondo dei libri, potrebbe mai e poi mai trovare appassionante. Ben vengano le categorie di libri "più facili", "più abbordabili", con meno virtuosismi da scrittore  "super figo" e più spazio ai sentimenti e alle emozioni dirette, quelle descritti facilmente, con una scrittura facile che scorre, che ti lascia entrare subito nel mondo raccontato e ti lascia subito entrare in empatia coi personaggi descritti.
 
Anche saper raccontare semplicemente è un talento; anche sapersi fare leggere e apprezzare da un pubblico non avvezzo alla lettura è un talento.
 
Riuscire a dare un'opportunità di lettura a tutti, ma proprio a tutti, dovrebbe essere il primo vero dovere di ogni scrittore e di ogni casa editrice che si rispetti.
 
E allora ben venga qualunque titolo; ben vengano i libri degli autori esordienti; ben vengano persino i bersagliati libri scritti dai calciatori, dai cantanti, dai presentatori televisivi, dai nuovi fenomeni del web: l'importante è catturare quanti più lettori possibili. Ma non semplicemente al fine di "vendere" per fare "guadagnare" soldi alle case editrici o agli stessi autori: lo scopo, semmai, è quello di far "guadagnare" al lettore occasionale un'esperienza molto bella e gratificante, che è quella di leggere.
 
E se anche solo uno di questi lettori occasionali, magari a seguito del libro della star di turno o di uno scrittore esordiente un po' acerbo ma ricco di sentimenti, è rimasto talmente catturato dalla magia delle parole tanto da sentire il desiderio di acquistare un nuovo libro, vuol dire che è stato fatto davvero un OTTIMO lavoro.